23 ottobre 2013

Visita a Firenze di Kazumasa Ueda

Kazumasa Ueda è il titolare del negozio Piccolina di Osaka (Giappone), che tratta esclusivamente modelli, accessori e memorabilia relativi all'auto italiana.
Kazumasa Ueda e Denis Carrara. Già Valerio Barnini aveva avviato alcuni contatti con collezionisti giapponesi e a Firenze alcuni ancora ricordano gli anni in cui Hirotsugu Matsumoto, una specie di intermediario, abitava in Via de' Neri in pieno centro. Ce ne sarebbero di aneddoti da raccontare...
Non è il solo in Giappone, a testimonianza che l'immagine dell'automobilismo nostrano gode ancora di grande favore nonostante qui da noi facciamo di tutto per affossarne il prestigio, con rigorosa scientificità. I giapponesi, per fortuna, ci vedono ancora come creatori di auto eccezionali, e non solo per il nostro glorioso passato. Ueda è arrivato in Italia in questi giorni, e non è il suo primo viaggio qui da noi. Da Firenze si sposterà a nord, a Cuneo, per poi andare a Padova dove in questo weekend si svolgerà Auto & Moto d'Epoca, appuntamento classico di fine ottobre. Ex-collezionista, ormai Ueda si dedicato esclusivamente al commercio; diciamo che è uno di quelli che è riuscito a far diventare una passione il proprio mestiere. Dal suo sito ( http://piccolina.727.net/ ) ci si fa un'idea abbastanza completa del genere di modelli preferito da Ueda. In Giappone esistono svariati siti di questo tipo, normalmente poco frequentati dal pubblico occidentale.
Il classico modello speciale montato italiano (in questo caso un Barnini restaurato e ricondizionato da Denis Carrara, con teca rifatta ex-novo), un genere che attira molto il collezionista giapponese. Se poi ci si aggiunge il marchio Abarth...
"I Giapponesi, conferma Ueda, tendono a costituire un mercato a se stante. Anche ebay, tutto sommato, non è molto battuto dai miei connazionali, che preferiscono sempre il sito di aste di yahoo". Sito che sarebbe probabilmente una miniera di cose interessanti se non fosse per l'ostacolo della lingua. E se non sbaglio, vi si possono iscrivere solo utenti giapponesi. Per gli occidentali, penetrare nel mercato nipponico non è mai stato facile, e non lo è tuttoggi malgrado la diffusione esponenziale delle comunicazioni in rete. Sotto questo aspetto, nonostante la sua apparenza ipertecnologica (e anche in questo caso sarebbero molti i luoghi comuni da sfatare) i collezionisti giapponesi sono tradizionalisti; certo, in questi ultimi anni la diffusione degli acquisti on-line ha avuto il proprio peso. Certi discorsi, in ogni caso, restano validi ovunque ci si rechi: un crescente disinteresse del pubblico più giovane, l'invasione dei resincast, la difficoltà a far capire l'importanza o la particolarità di certe produzioni artigianali. "In Giappone, osserva Ueda, l'1:43 è ancora la scala che va per la maggiore; qualche anno fa c'è stato un boom di kit più grandi, specie di vetture di Formula 1, ma ora come ora mi pare che gli sbocchi per l'1:18 o l'1:24 siano piuttosto limitati qui da noi". Ueda se la cava molto bene sia con l'inglese sia con l'italiano, che ha imparato in Giappone. "Dovrei ricominciare qualche corso, ma mi tengo allenato guardando dei programmi TV italiani". Resta sempre difficile avere un quadro esatto del "pubblico" dei collezionisti in Giappone: chi sono esattamente, cosa fanno, qual è il loro approccio con i modelli; con che spirito li guardano, in base a quali criteri li scelgono, come e dove li conservano.
Il kit del modello pubblicato in alto. Questo genere di modelli costituisce ancora un polo d'interesse per i collezionisti orientali. In anni recenti, produzioni ad hoc (specie toscane) hanno preso la strada del Giappone, magari basate su vecchi modelli rivisti e corretti. 
Ma ho l'impressione che questo genere di osservazioni si potrebbero fare solo in loco. Ho sempre pensato alla realtà giapponese come a qualcosa di molto diverso dalla nostra, e a volte ne ho avuto qualche conferma nei dettagli (nel blog se n'è parlato di tanto in tanto) ma senza avere esattamente la misura di cosa si trattasse realmente. L'incontro con Ueda non ha fatto che aumentare la curiosità, alimentando ulteriori congetture che avrebbero però bisogno di conferme ben più concrete di quanto non sia in grado di riceverne io in questo momento. Sta di fatto - questo non è un mistero - che anche il modo di presentare i modelli è molto diverso: ho notato che spesso si insiste molto sulla storia della vettura vera, anche con notizie molto particolareggiate (ad uso di chi magari ha difficoltà nel reperire informazioni sui siti occidentali?) e foto dell'originale.
Mica solo a Milano ci sono le conventicole.
Ma forse sarebbe opportuno, ed è una cosa che ho suggerito a Mr. Ueda, far capire meglio ai collezionisti giapponesi l'importanza delle realtà artiginali nostrane, e questo andrebbe a tutto vantaggio di alcune produzioni che sono sicuro interesserebbero molto il mercato giapponese. Lo spirito di certi modelli, Ueda stesso l'ha capito benissimo. Si tratterebbe solo di trasmetterlo con maggiore dovizia di particolari. Ora Ueda è diretto a Padova, dove sono sicuro che si divertirà parecchio.

19 ottobre 2013

Porsche 956 di Studio27 (scala 1:43)

[note di Claudio Govoni]

Dopo lunga attesa, è finalmente arrivato il modello della porsche 956B di Studio27, che costituisce, a quanto mi risulta, una delle prime escursioni nell'1/43.
L'impostazione progettuale e la filosofia del modello - un "tutto apribile" prodotto da una ditta che, finora, ha pressoché fatto solo curbside - non lascia quasi alcun dubbio che sia, in effetti, un Model Factory Hiro commercializzato sotto differente marchio.
Rimane difficile capire quale sia il motivo che ha spinto a tale decisione. 
Forse la volontà, da parte di Studio27, di sondare il mercato potenziale della scala minore senza investire direttamente nella prototipazione e produzione ex-novo di un modello.
Viene confermata l'impressione generale della 962C (delle cui impressioni potete leggere qui, n.d.r.).
Grandissima ricchezza di dettagli, con accoppiamenti delle parti apribili buoni, ma bisognosi di un filo di aggiustaggio, grande dotazione di fotoincisioni (questa volta sono presenti anche i dischi freno, come alternativa a quelli fusi in metallo bianco).
Chiarissime le istruzioni a colori.
Le decals sono Cartograf e la decorazione appare completa, anche se, a differenza del modello MFH, non viene offerta un'alternativa legittima ai marchi tabaccai, quindi chi, per motivi suoi, non vorrà realizzare la vettura con le scritte Rothmans, dovrà giocoforza lasciare gli spazi vuoti.
Lascia perplessi la scelta di riprodurre i cerchi non con delle torniture, ma in metallo bianco, soluzione che potrebbe causare una qualche ovalizzazione.
Le versioni mostrate sul sito sono differenti e coprono buona parte delle più note 956, sia a coda lunga che a coda corta.









11 ottobre 2013

Da Madyero la Ferrari 330 P3 Coupé del 1966

Le Mans 1966, Guichet/Bandini

Della Ferrari 330 P3 qualcuno ricorderà ancora una piccola produzione Madyero, ormai molti anni fa, su base Uno43. Pier Luigi Madiai stava lavorando da tempo ad una produzione tutta propria della 330 P3, e dopo una lunga gestazione sono finalmente pronti i primi modelli. Per cominciare è uscita la Coupé, ma presto sarà la volta anche della configurazione Spyder. Le Mans (n°20/21), Monza e prove Nurburgring sono le prime referenze disponibili, cui seguirà anche la vettura di Spa. Si tratta di un modello classico, realizzato secondo lo stile proprio a Madiai: una buona prototipazione (Madiai è uno di quelli che finché non è convinto di un modello, non lo fa uscire), particolari giusti e un colpo d'occhio decisamente realistico.
prove 1000km del Nurburgring 1966, Surtees/Parkes

Le cornici laterali dei vetri, particolare da sempre critico su questo tipo di vettura, sono state riprodotte con una decal di qualità, applicata con precisione sopra il vetro, incollato dall'esterno. In questo modo si sono evitati gli spessori tipici delle fotoincisioni e certi fenomeni di distacco del particolare cui non sono estranei modelli analoghi, oltretutto appartenenti a una fascia di prezzo ben superiore, come i Marsh.
1000km Monza 1966, Surtees/Parkes

Le griglie sullo specchio di coda posteriore sono fotoincise, le cinture sono riportate (non sono decals) e come sempre grande cura è stata dedicata alle ruote e alla definizione dell'assetto.
Le Mans 1966, Scarfiotti/Parkes

Rassegna stampa: Quattroruotine n°286 (ottobre/dicembre 2013)


In un recente passato ci si era occupati di Quattroruotine, segnalando come alcuni contenuti sembrassero in leggero miglioramento, nella direzione di una maggiore originalità e verso una ricerca più approfondita. In estate le voci sulla chiusura della rivista, insieme ad altre testate dello stesso gruppo (di cui leggete qui ) hanno fatto il giro dei forum e dei siti specializzati. Il destino di Quattroruotine non è ancora chiaro. Nel numero che in teoria avrebbe dovuto essere l'ultimo non c'è alcun cenno ad una cessazione delle pubblicazioni. Certo, al di là di tutto, pensare che Quattroruotine è l'unica rivista di automodellismo sopravvissuta in Italia porterebbe a delle considerazioni piuttosto amare che forse sarebbero pleonastiche. Come pleonastici sono quasi tutti i contenuti di questo numero dell'ultimo trimestre 2013: forse le due cose vagamente interessanti potrebbero essere gli articoli sulla Ferrari 250 GTO autocostruita in scala 1:8 dall'avvocato milanese Giorgio Valli e il servizio sulla collezione di modelli Citroen di Renzo e Roberto Di Pietro.
Il cinquantenario della Porsche 911 secondo lo stile di Quattroruotine. 
Il resto è il regno della superficialità e della mancanza di interesse: pezzi brevissimi, con didascalie insignificanti, argomenti triti e forse molta stanchezza. La sezione delle novità è del tutto inutile, specie per una rivista che esce ogni tre mesi, e sulle poche recensioni è opportuno stendere un velo pietoso.
La Ferrari 250 GTO riprodotta in scala 1:8 da Giorgio Valli. 
A questo punto, ciò che non si deve fare con una rivista è abbastanza evidente, e ci è stato dimostrato a più riprese; speriamo che nel prossimo futuro qualcuno abbia il coraggio di proporre qualcosa di più degno per i collezionisti di casa nostra.
I fratelli Di Pietro e la loro collezione dedicata alla Citroen. 

03 ottobre 2013

Jérôme Douzet e l'AC Bristol Cegga di Le Mans '60: una storia svizzera (e anche francese)

Princess of Tumult è un nuovo marchio promosso da Jérôme Douzet, un francese di Saint-Etienne, che gli appassionati conoscono bene per i suoi lavori di montaggio ed elaborazione aventi come soggetti principali le sport anni cinquanta. Di recente, Jérôme ha deciso di fare il grande passo e di produrre in proprio una piccola serie di kit e montati in scala 1:43 di gamma alta, dopo aver realizzato alcuni master per conto di Renaissance. Il primo soggetto prescelto farà felici i cultori di Le Mans e della storia dell'automobilismo elvetico: si tratta dell'AC Ace Bristol modificata da Claude e Georges Gachnang, creatori della CEGGA, per la 24 Ore di Le Mans 1960. Così Jérôme racconta la genesi del modello: "è stato il mio amico svizzero 'Lilip' a farmi venire la voglia di riprodurre questa vettura. Aveva appena terminato il montaggio dell'AC Ace-Bristol BEX399 n°27 di Le Mans 1958 (un vecchio kit Automany!). Conoscevo assai poco questo genere di vetture ma avevo un kit Renaissance in attesa di essere montato (BEX1192 Le Mans 1962 n°60). E' stato allora che mi sono reso conto che la CEGGA non era mai stata riprodotta. Il mio kit Renaissance diventò quindi la base di partenza di un prototipo che avrebbe viaggiato fra la Francia e la Svizzera per dar vita a un nuovo kit, che permette di realizzare l'AC Ace-Bristol CEGGA nella configurazione "pesa" o "corsa" (senza vetri laterali, con un retrovisore supplementare, delle estensioni dei passaruota posteriori più larghe e non dipinte e con un'immatricolazione diversa, con la targa di André Wicky che aveva preso il posto di quella dei Gachnang probabilmente per ragioni assicurative". Ne è venuto fuori un kit complesso, non certo per principianti, con tantissimi dettagli e sullo stile dei migliori Renaissance. Di questo modello è stata realizzata una serie di soli 10 montati, presentati su una basetta specifica con lo stemma del fabbricante e in una bella scatola di cartone.
Aspettiamo ora le prossime uscite, che dovrebbero essere una Lister-Maserati e un paio di Simca-Gordini. Avanti così.

Un po' di storia

Per l'edizione 1960 della 24 Ore di Le Mans, i fratelli Gachnang prepararono un'AC Ace-Bristol (telaio BEX289) alla loro maniera: chassis e sospensioni modificate, freni a disco anteriori e una carrozzeria dalla parte frontale più profilata e dotata di un hard top speciale. I piloti iscritti furono André Wicky e Georges Gachnang. La vettura venne dipinta nei colori nazionali svizzeri, rosso e bianco. Dopo una partenza un po' travagliata (e alcuni problemi al filtro dell'aria), la vettura sembrò intenzionata a marciare decentemente, fino a quando, di notte, Georges Gachnang non uscì di pista ad Arnage ferendosi alla fronte contro il motorino del tergicristallo supplementare (fedelmente riprodotto nel modello...!) e impiegando un'ora per disinsabbiare la macchina. Nella parte finale della corsa subentrò come terzo pilota John Gretener, iscritto come riserva. Pur terminando la prova, la vettura non percorse una percentuale sufficiente di chilometri per essere classificata.

In configurazione gara, la AC Cegga è sprovvista dei finestrini laterali. 

La versione montata del kit, disponibile a 250 euro, è un modello di grande qualità, montato in modo impeccabile secondo uno stile che ricorda molto da vicino i vecchi MPH. 

Da quest'angolazione è possibile osservare alcune componenti dell'abitacolo. 

Il modello è fissato con una vite (sarebbe stato meglio due) a una basetta in plastica con teca in plexiglass. 

Di grande finezza le ruote a raggi (dipinte in alluminio come dovrebbero essere!); il gallettone riporta lo stemmino AC. Il modello sorprende per l'abbondanza e la precisione di dettagli, che saltano fuori ogniqualvolta lo si guarda. 

La placca che accompagna i modelli della serie montata. 

Ancora una vista che permette di apprezzare i dettagli e la pulizia di montaggio. 

Un piccolo capolavoro la targa del canton Vaud, in fotoincisione con le lettere in rilievo e la decal applicata sopra. Meglio di così...

Da questa foto si può apprezzare il livello di verniciatura, fine e della giusta lucentezza. Niente caramelle, siamo negli anni sessanta!

Ancora alcuni particolari. 

Qui quasi non si direbbe che siamo in presenza di un piccolo 1:43...



Il modello come viene presentato nella versione factory built. 
Il kit non è certo cosa per principianti...

...ma le istruzioni sono comunque di grande chiarezza. 

01 ottobre 2013

Varie dall'HME di Novegro: un po' di personaggi e qualche notizia

In bella mostra le Alfa Romeo 33TT12 di AutoArt in scala 1:18. Cinture rosse?

Novità di Matimodel, dopo le Uno Turbo test e Totip, ecco la Grifone. 

Un bel modello inedito di Matimodel (uscito da un po' di tempo), la Stratos della Targa Florio 1974 (Pregliasco/Paleari). A sinistra un'altra interessante versione della Stratos, la Memphis da rallycross (chi ricorda un vecchio foglio di decals della stessa vettura?). 

BBR particolarmente "in palla", con tutta una serie di novità, fra cui queste Alfa Romeo 4C in 1:18. 

Il ritorno della Pocher con la sua Lamborghini Aventador in 1:8. 

Presenza fissa a Novegro per gli HME, lo stand di N3C, che presentavano diverse novità e riedizioni (modelli montati in scala 1:87). Una manna per gli appassionati del trasporto pubblico italiano. 

Le De Tomaso Pantera di Arena, fresche fresche. 

Due personaggi toscani a caccia di utensili! Alberto Gianfrancesco e Pier Luigi Madiai "Madyero". Altro che conventicole. 

La Ferrari 312 P del '69 di CMC in 1:18. 

BBR & giallo tristrato: un binomio col suo fascino.