03 settembre 2013

Storia (di fine anni settanta) di una A112 Abarth

E' noto come una vecchia Gruppo 1 o un Gruppo 2 mi affascinino molto di più di una Ferrari 250 TR o di una qualsiasi altra vettura "nobile". Non certo per disprezzo verso queste ultime, di cui mi interessa la storia e l'evoluzione tecnica, quanto per un imprinting che fa sì che certe auto lascino il segno perché maggiormente vissute e conosciute.

Sono poche le possibilità di mettere in collezione quelle che vanno considerate le basi dell'automobilismo italiano degli anni settanta, a meno di non ricorrere a qualche elaborazione. E questa, su base Tron, assume un significato particolare. Di Mario Carafa (o meglio: mariocarafa) leggete qui e anche in altre parti del blog facendo una semplice ricerca. Giova probabilmente ricordare anche se in breve l'importanza del personaggio nella Firenze modellistica dei primi anni ottanta: lo si trovava spesso da Luciano Rocchi in Via Vittorio Emanuele, ed era uno di quelli che andava alle borse (ad esempio a Milano) portando poi indietro novità che molti si sognavano. Insomma, era uno "avanti", come si suol dire. Nel suo laboratorio in uno scantinato di uno stabile di una strada elegante dell'immediata periferia di Firenze, alcuni di noi hanno imparato (o hanno cercato di imparare) a saldare, tagliare, incollare, verniciare. C'era un enorme poster di Villeneuve, forse anche due, di quelle gigantografie che Autosprint usava inserire come paginone centrale. Credo di averne già parlato, di questi poster come dei Solido elaborati che erano esposti uno accanto all'altro su una mensola sopra il banco da lavoro. Già a quell'epoca (primissimi anni ottanta), Mario usava i faretti ottici, che sembravano eccezionalmente realistici (e lo erano, se paragonati a quelli in fusione di resina o di metallo bianco). "Ti do un po' di fari", diceva, e li ritagliava dalle basi di plastica nera sulle quali brillavano tondini bianchi, gialli, rossi, arancioni. Mario Carafa aveva già avuto esperienze da pilota, e ricordo una foto in bianco e nero con un suo autografo, raffigurante l'A112 Abarth con la quale aveva iniziato. Alcuni ricorderanno una sua partecipazione anche alla 24 Ore del Mugello del 1980 al volante di una Ford Escort del Jolly Club di Milano.


Ma per me la sua immagine era legata all'A112, per cui questo modello, entrato nella mia collezione da poco, riveste un'importanza tutta particolare. Il debutto di Mario (che correva con lo pseudonimo di "Rainbow") risaliva al 1978, con un'A112 che andò purtroppo distrutta in un incidente a Monza. Facendo i salti mortali, "Rainbow" riuscì a procurarsi presso il concessionario fiorentino Nesi una seconda macchina con la quale disputò il Campionato Italiano Turismo in Gruppo 1 classe 1150. Ora questi ricordi sono spesso al centro delle nostre conversazioni del mercoledì a pranzo, in cui la conventicola dei fiorentini (assai più limitata numericamente di altre) si ritrova per fare il punto su diversi aspetti del modellismo nostrano. E questo modello, al centro di una di quelle conversazioni, fa un'ottima figura. Per essere molto prosaici, sa di penne al ragù.

Quella raffigurata in queste foto è la versione del '79, con gli scarichi laterali, una delle deroghe introdotte nel Gruppo 1 di quell'anno. I ricordi si intrecciano, andando a pescare episodi di un passato ormai lontano, da cui riemergono le Fiat 127, concorrenti della A112, meno competitive, ma illecitamente favorite da alcune specifiche tecniche permesse nei Fiat Days, proibite nel Campionato Italiano sebbene di fatto utilizzate quasi da tutti. Domani altro pranzo. Non solo ricordi ma vita vera, per fortuna.

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