30 marzo 2012

Risvolto storico: Ferrari 250 GT TdF MRF factory built (1977)

La MRF è stata la madre di tutte le produzioni in resina degli anni ottanta, ovviamente famosissima anche per le sue ruote a raggi che hanno sancito il definitivo tramonto dei cerchi stampati in metallo bianco. Jean-Pierre Gauthier era il prototipista e dalla MRF sarebbe nata poi la Record, fondata da André Ripert. La Ferrari 250 GT TdF è un classico esempio della produzione MRF: commercializzato sia montato sia in kit dal maggio del 1977, si componeva di una carrozzeria in resina e di un fondino in metallo bianco. La versione prescelta fu la vincente del Tour Auto 1958 (Gendebien e Bianchi, vettura telaio 1033GT). Le edizioni montate erano particolarmente curate, con ganci fermacofano in filo metallico, poggiatesta lato navigatore e tutta una serie di particolari che all'epoca dovevano sembrare eccezionali. Ottima la verniciatura in alluminio e validissima la posa delle decals, stampate già allora da Cartograf. Naturalmente questa 250 GT TdF montava le ruote a raggi della casa, distinguibili anche per il caratteristico gallettone piuttosto grosso (queste ruote vennero utilizzate in dotazione anche per le GTO di X-Nostalgia).
Uscita nel maggio del 1977, la 250 GT TdF era all'epoca un modello di grandissima fedeltà.

Azzeccata la linea, anche se c'è chi dice che il modello sia un po' piccolo (magari farò qualche misurazione). Credo che lo stesso stampo sia stato usato in un periodo successivo da Provence Moulage.

Completi gli interni, con specchietto retrovisore e poggiatesta per il navigatore. MRF non si dimenticò di riprodurre anche gli incavi ai lati della calandra che caratterizzavano la vettura telaio 1033GT.

Il fondino lasciato grezzo col numero di serie, riservato ai soli factory built.

...e infine ecco il modello fotografato sulla pagina di un libro raffigurante l'esemplare della collezione Lastu.

29 marzo 2012

2001: ricordi di una gita a Camaret

Ruf era anche uno a cui piaceva scherzare. Sono venute fuori queste istantanee scattate in occasione di una "deviazione" a Camaret nel 2001 della banda composta da Codolo, Madiai e i due "Gammari" e penso sia simpatico riproporle nella loro estemporaneità. Gli occhiali e i baffi finti sono gli stessi che la combriccola utilizzava per "non dare nell'occhio" in occasione della sfilata del venerdì della 24 Ore di Le Mans...
Da sinistra, Umberto Codolo, André-Marie Ruf, Pierluigi Madiai

Qui appare anche il padre di André-Marie Ruf.

...e chi dice che Ruf si prendeva sempre sul serio?

...appunto...

Con la moglie. Notare i "quadri" composti con gli esplosi dei kit.

Serie lusso Madyero in vista

A breve Madyero commercializzerà una serie "lusso" delle sue SWB, destinate ai migliori clienti. I modelli si caratterizzeranno per una finitura superiore, con ruote verniciate in alluminio, gallettoni "asimmetrici", interni ancora più dettagliati, volante diverso e basetta in legno. Appena possibile pubblicheremo le foto dei primi modelli, che saranno prodotti con un numero di catalogo e in serie limitata e numerata.

28 marzo 2012

Fiat 127 I serie 2 porte (1971) BRUMM

Per il nostro test abbiamo scelto un esemplare blu scuro con interni rossi (art.R500-07)

Attesa da lungo tempo, è finalmente in distribuzione in questi giorni la Fiat 127 della Brumm. Si tratta di un'importante novità, che testimonia l'impegno e l'attenzione della casa lombarda per la storia automobilistica italiana.
Tutti e sette i colori disponibili nella versione civile: rosso corallo con interni neri (R500-01), bianco con interni rossi (R500-02), giallo Tahiti con interni neri (R500-03), verde lago con interni beige (R500-04), verde palude con interni beige (R500-05), azzurro chiaro con interni rossi (R500-06), blu scuro con interni rossi (R500-07). Nella foto manca la versione Carabinieri (R501).

Il lavoro di documentazione per quanto concerne allestimenti, dettagli e combinazioni di colori è stato molto meticoloso e d'altronde su modelli molto conosciuti come la 127 la verosimiglianza in queste particolari voci riveste un ruolo fondamentale. La versione prescelta per la prima uscita è la configurazione 2 porte, declinata in sette colori, più una versione Carabinieri.
Molto buona l'impressione generale. Corretta la verniciatura, lucida e non troppo spessa.

Notare il deflettore e il meccanismo di apertura dello stesso, simulati in tampografia. La freccia laterale è una piccola decal, così come è in decal la scritta posteriore "Fiat 127". I tergi in plastica sono tutto sommato decorosi e non presentano certe brutte sbavature dei Brumm del passato.
Particolarmente economico come tutti i Brumm (€ 25,00 nei negozi), il modello della Fiat 127 si presenta nella tradizionale scatola rossa o nera con vetrinetta di plexiglass e base in plastica nera. Ad una prima occhiata le verniciature sono piuttosto buone, lucide il giusto e prive di sostanziali sbavature o difetti macroscopici. Particolare importante, le carrozzerie non mostrano segni di giunture di stampo, che nel passato avevano rovinato modelli peraltro molto azzeccati di questo produttore. C'è quindi da segnalare un generale passo in avanti nella qualità del montaggio e nella pulizia dell'applicazione dei particolari. Il modello è composto da pochi pezzi e si smonta facilmente.
Forse la cosa meno riuscita sono i gruppi ottici posteriori: discreto il trasparente rosso, ma bruttino l'arancione coprente riportato sopra la porzione che simula gli indicatori di direzione.

Le proporzioni apparirebbero corrette, su una vettura più complicata a riprodurre di quanto non sembrerebbe ad una prima impressione.

Ecco alcuni esempi delle misure principali, che mostrano una sostanziale correttezza dell'insieme, abbinata ad un giusto "feeling" delle proporzioni:

Lunghezza totale: mm 3595 (1:1) – mm 83,60 (1:43) – mm 82,50 (Brumm)
Passo: mm 2225 (1:1) – mm 51,74 (1:43) – mm 52,00 (Brumm)
Larghezza tetto: mm 1280 (1:1) – mm 29,77 (1:43) – mm 25,00 (Brumm)
Larghezza: mm 1527 (1:1) – mm 35,51 (1:43) – mm 35,00 (Brumm)
Carreggiata anteriore: mm 1280 (1:1) – mm 29,77 (1:43) – mm 28,50 (Brumm)
Carreggiata posteriore: mm 1295 (1:1) – mm 30,12 (1:43) – mm 29,00 (Brumm)

Concludo per oggi dicendo che si tratta in ogni caso di un modello molto gradevole, del tutto compatibile con l'aspetto della vettura reale. C'è da sperare che in un prossimo futuro la Brumm faccia uscire altre versioni di questa 127 (magari da rally oppure qualcuna delle personalizzazioni sul mercato in quegli anni). Resta sempre la domanda sul perché un'azienda come la Brumm, che probabilmente non naviga nell'oro, non si converta alla resina piuttosto che continuare a fare investimenti nello zamac, che restano sempre molto onerosi. E' una questione di clientela? Di tradizione? Con la resina si potrebbero ottenere risultati altrettanto convincente e con costi forse inferiori. Sarebbe interessante sapere cosa ne pensano i diretti interessati.
Bella la calandra bordata col filetto cromato.

E' riprodotta sommariamente la meccanica sul fondino, in metallo. Parte inferiore del motore e impianto di scarico sono in plastica.
I tergi, pur non in fotoincisione, sono dignitosi e rappresentano un passo in avanti rispetto alla produzione precedente.
Il profilo, corretto e azzeccato.

Sui paraurti credo che manchino i rivetti di fissaggio, che si vedevano anche esternamente, sia davanti sia dietro.

Come al solito verosimili le targhe, con una provincia diversa per ogni colore.

Si tratta di un modello "sano".


Una sola vite è stata utilizzata per fissare il fondino alla carrozzeria; per svitarla è necessario rimuovere la parte inferiore del motore, semplicemente incastrata con due guide; posteriormente non ci sono viti ma solo un innesto.
Ben riuscite, pur nella loro semplicità, le ruote: cerchio stampato color alluminio e borchia cromata. Corretto e pulito.
La maniglia della portiera, riportata in plastica nera con la parte centrale dipinta.

Gli interni, ben curati e realistici. Particolarmente simpatiche le colorazioni con sedili rossi.


27 marzo 2012

Alcune novità Spark di marzo

Se Spark dovesse tenere fede a tutte le novità annunciate nel suo catalogo, il 2012 si prospetta davvero eccezionale. E lo sarà anche se non dovesse trasformare in realtà che una percentuale di quanto annunciato. Per marzo selezioniamo tre modelli, indicativi per comprendere l'interesse del catalogo di questo marchio. Il primo rientra nella gamma dedicata ai vincitori di Daytona: si tratta della Porsche 911 Carrera RSR che con Gregg e Haywood si aggiudicò l'edizione 1975 (catalogo 43DA75). La Carrera RSR non è stata ancora sfruttata appieno da Spark, e questo modello è sempre affascinante nella livrea Brumos, un classico nel suo genere. Su questa Porsche torneremo presto.

Secondo modello della selezione, la Ford GT40 Gulf vincitrice di Le Mans 1968. Questo è il classico esempio di come la produzione Spark recuperi soggetti anche molto inflazionati per ricreare un'uniformità interna globale, come a suo tempo facevano Starter e Provence Moulage. Del resto se all'interno della gamma si ha una serie dedicata ai vincitori di Le Mans è ovvio che tutti i soggetti che si andranno a riprodurre saranno già stati ampiamente sfruttati.

Terzo modello di questa scelta, una tipica serie limitata, stavolta per Spark France: sfruttando lo stampo della Porsche 917/K81 uscita nel 2011 in versione Le Mans nella serie standard, Spark ha realizzato la variante di Brands Hatch (Wollek/Pescarolo), che fu la gara di esordio di questa vettura. Edizione limitata a 750 esemplari numerati, catalogo SF023.

Rassegna stampa: Modelli Auto #112


La varie scritte "Numero speciale da conservare" e "Numero collezione" che occhieggiano sulla copertina fanno un po' sorridere. In realtà il minimo che verrebbe da fare dopo aver sfogliato un po' il numero 112 di Modelli Auto è metterlo in un angolo e aprire un bel Playboy.
Questo è un blog indipendente e le opinioni di chi scrive possono essere poco condivisibili ma mi pare che siamo di fronte a uno dei peggiori numeri degli ultimi tempi, complice l'inevitabile tributo da pagare alla fiera di Norimberga, che occupa da sola i tre quarti della rivista, ridotta ad un triste cataloghino di modelli visti e stravisti nelle scorse settimane (direi nei mesi scorsi), completato da qualche commento poco incisivo considerata l'esiguità dello spazio a disposizione. Meno male che ci sono tre pagine con foto leggermente più personalizzate, che testimoniano la partecipazione del caporedattore al salone. Sono quelle le immagini che i lettori vogliono vedere: facce, situazioni, cose non preconfezionate o standardizzate.

Mi pare che alcune considerazioni che si leggono nell'editoriale a pagina 12 potrebbero essere anche giuste, ma poco si adattano alla rivista in questione: "già dal giorno dell'apertura [della fiera, scil.] è possibile scoprire le nuove proposte grazie all'avvento della fotografia digitale ed al diffondersi dei blog che fanno a gara tra loro per pubblicare in anteprima le novità più importanti. Fortunatamente, questo tipo di informazione sopravvive il tempo di pochi giorni, consentendo alle riviste di garantire perpetuamente i contenuti ed offrendo una catalogazione completa di ogni edizione". Ragionamento leggermente capzioso: le riviste non devono e non possono mettersi a competere con l'informazione sul web: il loro spazio è l'approfondimento. Illudersi che possano ancora ricoprire un ruolo di informazione-base significa non considerare la posizione che la carta stampata sarà costretta (anzi, è costretta) ad assumere in un contesto in cui l'attualità è compito di Internet e forse di qualche quotidiano.

Quanto alla "conservazione" archivistica, per quella bastano e avanzano i cataloghi e magari anche i mensili come Auto Modélisme, se proprio vogliamo ostinarci a pubblicare le caterve di novità su un supporto cartaceo. Novità che spesso non vedremo neanche mai riprodotte. E' vero che su una rivista la qualità delle foto è necessariamente (?) migliore, ma è questo un buon motivo per continuare a pensare che un periodico renda in questo caso un miglior servizio di un sito web? Mi pare che si stia cercando di autoconsolarsi dicendo che le foto di Norimberga sono tecnicamente migliori di quelle di un blog amatoriale, come se i lettori non se ne rendessero conto. E si insiste ancora sulla qualità delle immagini, vero totem cui sacrificare spesso la rarità delle immagini stesse e addirittura i contenuti di articoli che non potrebbero essere supportati da foto scintillanti.

Il succo di tutto questo, a mio modesto avviso, è che riviste come questa sono in piena crisi d'identità, continuando a prestare il fianco alla perenne contraddizione della stampa specializzata: dover accontentare comunque una larga fascia di utenti ed essere alla mercè degli inserzionisti specializzati, che bene o male esercitano delle pressioni, anche se indirette.

Tornando ai contenuti di questo numero 112, di più originale, agli appassionati di 1:43 non resta che l'articolo di Stefano Adami sulla rielaborazione della Oldsmobile 88 Coupé Carrera Panamericana 1950 prodotta da Tron. Corto ma interessante.

L'AMR e l'Homme de Lisbonne...

I rapporti fra Jean Graton, creatore di Michel Vaillant, e André-Marie Ruf sono noti. Nel 1985 uscì col marchio AMR il modello, in kit e montato, della Vaillante Le Mans 1961 protagonista della storia Le '13' est au départ. Sono forse in meno a sapere che in un storia apparsa nel 1984, pressoché contemporaneamente all'uscita della riproduzione AMR, Jean Graton fa l'occhiolino al modello, collocandolo in primo piano in una delle scene dell'Homme de Lisbonne, con tanto di marchio in bella evidenza. Era lo stesso periodo di altre stori divenute un classico nella produzione di Graton, come 300 à l'heure dans Paris (1983) o Steve & Julie (1984).

E' uno dei tanti particolari verosimili che Graton inserisce nelle sue storie, come se, giustamente, alla Vaillant fosse pervenuto un modello di una loro vettura di venticinque anni prima. Nel presentare la vignetta con la Vaillante, ricordo che è tuttora in corso la pubblicazione integrale di tutto Michel Vaillant, giunta al suo 15° volume su un totale di 20 previsti.

25 marzo 2012

Stress test: Ferrari 458 GTC di Fujimi-True Scale

Ospitiamo un contributo di Claudio Govoni, che affronta un argomento tabù per le riviste del settore: lo smontaggio di uno dei modelli che vanno per la maggiore per analizzarne le caratteristiche costruttive. Questa operazione era stata fatta qualche tempo fa in questo blog con una BMW di Spark, ma stavolta Claudio ha portato ancora più avanti l'analisi, non limitandosi a smontare i pezzi avvitati o le principali componenti incollate, ma smontanto tutti o quasi i pezzi del modello, vetri e minuteria compresa.

Qualche post fa, David ha sollevato il problema della resistenza nel tempo dei modelli montati nelle factory cinesi come New Ace.
Ritengo che il problema possa estendersi a molti altri prodotti modellistici e, come sa chi colleziona automodelli già montati, è già capitato che si verificassero, in passato, problemi di tenuta dei pezzi su modelli anche di fascia medio alta.
E' stato ad esempio il caso di cedimenti nell'assemblaggio delle parti trasparenti in alcune delle prime referenze Look Smart.

Ho sentito voci, per la verità non confermate da testimonianze dirette, che il problema sussista anche sui BBR assemblati in Cina, serie BBR – Concept 43 per intenderci.
Se cede un LookSmart, può cedere, se un BBR può cedere, cosa possiamo aspettarci da un più economico resicast?
A tal proposito ho voluto testare di persona un resicast di True Scale – Fujimi, presente sul mercato da relativamente meno tempo della concorrente Spark.
Specifico che il test non prende in considerazione la fedeltà della riproduzione o della specifica versione e neppure la pulizia di montaggio, ma solo la “qualità costruttiva”, intesa come probabilità che il modello duri nel tempo.
Come fare quindi uno stress test della qualità di un prodotto del genere?
Al di là dell'analisi superficiale ho pensato che l'approccio migliore fosse quello del bambino molesto.
Il bambino molesto smonta tutto, non solo quello che è raggiungibile con le viti.
Il bambino molesto mette a dura prova il suo giocattolo nuovo.
Il test quindi, per certi versi brutale, è consistito nello smontare completamente o quasi una Ferrari 458 GT2.
Dico quasi perché alcuni pezzi si sono rivelati incredibilmente tenaci ed ho rinunciato a smontarli per non rovinare troppo il modello, che in futuro dovrà essere modificato, riverniciato e ridecorato e poi rimontato.
Non voglio, tuttavia, anticipare più di tanto.
Procediamo con ordine.
A prima vista il modello sembrerebbe molto poco robusto. I pezzi riportati in fotoincisione sono numerosi e sottili.




In realtà, appena lo si prende in mano, si capisce che è ben fatto e più tenace di quello che suggerisce una prima occhiata.
Innanzitutto, molte griglie fotoincise che temevo potessero staccarsi da lì per lì, sono in effetti appoggiate ed incollate sul pieno.
La scelta è per certi versi strana, perché essendo griglie passanti, ci si aspetterebbe che dietro avessero dei vuoti per valorizzarle. D'altro canto, però, questo conferisce all'insieme una solidità non trascurabile.
Ribaltando il modello, si trova un fondino in plastica, probabilmente ABS, analogamente a quanto già rilevato da David per i modelli Spark.

Questo dovrebbe garantire che in futuro questo particolare del nostro resincast non soffrirà di metal fatigue o altre spiacevoli sorprese.
Gli interni presentano relativamente pochi pezzi, tutti fissati al pianale con colla tenace, probabilmente bicomponente. Unica eccezione, il cambio in fotoincisione, che si stacca dalla sua sede appena lo sfioro.





Non ho (ancora) disassemblato completamente la zona motore, ma sembra sia stata utilizzata la stessa colla del cockpit, conferendo all'insieme una robustezza non indifferente.
Il cruscotto, poi, è incollato alla scocca con un uso generoso del medesimo adesivo, rendendo particolarmente difficile l'operazione di smontaggio senza causare danni.
A parte il volante, rilevo che tutti i particolari del cruscotto stesso sono stampati direttamente sul pezzo e non riportati.
Meno cose che si possono staccare, quindi.
Inutile preoccuparsi della tenuta dei pezzi del roll bar: è in gran parte stampato solidale alla carrozzeria.
All'esterno, la prima cosa che cedono sono le antennine, in particolare quella sul tetto, che sembra quasi appoggiata.
L'alettone posteriore si rivela invece compatto e robusto. Staccarlo dai sostegni richiede l'applicazione di una certa forza.
I sostegni stessi, tanto per cambiare in fotoincisione, possono essere rimossi solo agendo con una pinza e un certo grado di brutalità.
Le parti trasparenti sono sottili e non particolarmente resistenti, ma non credo che quando sono state progettate qualcuno pensasse a dimensionarle per poter essere smontate facilmente.
Quello che conta è che sembra quel tipo di acetato bello trasparente che resiste per anni all'ingiallimento.




Non penso ci sia da aspettarsi nemmeno distacchi proditori del trasparente dalla cornice. I vetrini sono fissati lungo il bordo superiore e laterale, mentre sul bordo inferiore non c'è adesivo, ma di nuovo è stata usata una colla piuttosto robusta (nota importante: se intendete cimentarvi nello smontaggio di un modello del genere, sappiate che difficilmente i trasparenti ne usciranno integri. Siate pronti a ricostruirli).
Molto meno robusto si rivela il fissaggio delle coperture dei fari anteriori, che, tra l'altro, non sono realizzate in plastica trasparente gialla, ma in incolore verniciata di giallo.
Questo potrebbe forse determinare, nel tempo, il distacco o la scheggiatura di parte della vernice.
Tenacissimi gli specchietti, nonostante l'aspetto esile.
Riguardo alla finitura del modello vero e proprio, in primo tempo ho immerso il modello in acqua per vedere se le decals si staccavano.
Non avendo fatto una piega, ho dedotto che fosse stata stesa una mano di trasparente per sigillarle.
In effetti, ho poi realizzato che l'intero modello è coperto da una strana pellicola lucida e sottile, che sembra quasi vinile.
Tirandola, si stacca a pezzi, insieme alle stesse decals.
E' una finitura che non avevo ancora visto, la cui qualità nel tempo non so giudicare.
La vernice sottostante appare lucida e spessa e piuttosto dura.
E' plausibile che sia la classica vernice uretanica industriale.
Ho provato a grattala in qualche punto, per rendermi conto di come è stata stesa.
Dal momento che anche la resina del modello è bianca, non riesco a capire con certezza se è stata stesa su un sottile fondo bianco o direttamente sul modello.
In ogni caso, sembra tutt'altro che prona a saltare via o a scheggiarsi al primo tocco.
A fine test emergono tre cose.
Innanzitutto, che è composto da veramente tanti pezzi. Saranno ottanta, forse più. Data la fascia di prezzo, mi aspettavo meno. Sono rimasto piacevolmente sorpreso.
Ovviamente, questo fa nascere un'altra domanda: se il prezzo è medio/contenuto, se la qualità della presentazione è discreta (basetta di legno verniciato con targa di metallo e ampia vetrinetta, se i particolari da montare sono molteplici, se le royalties da versare alle case automobilistiche sono quelle che sono, dove sta il margine del produttore?
Non mi è sembrato un “prodotto al risparmio”, quindi o mi è sfuggito qualcosa, o la tiratura è sufficientemente elevata da garantire le dovute economie di scala, o chi lo assembla è pagato con la proverbiale ciotola di riso. Vi farà sorridere, ma considero, nella scelta di un prodotto, anche l'aspetto etico. Perché su beni voluttuari preferisco pagare qualche euro in più che rendermi complice di uno sfruttamento indegno. Vorrei che le case produttrici facessero chiarezza se questi prodotti vengono confezionati nel rispetto di un minimo di etica.
La seconda considerazione è che è un modello che potrebbe essere dato in mano a un bambino in età scolare – diciamo di dieci o undici anni, non meno – e uscirne vivo.
Forse perderebbe gli specchietti o le antennine, ma ci si potrebbe quasi giocare senza paura.
Lo confesso: fossi un impallinato di slot, forse tenterei di montare la carrozzeria su una scocca e portarla in pista, e non avrei paura di vederla eccessivamente danneggiata.
La terza considerazione, penso la più attinente al tema trattato è quanto, in sintesi, può durare il nostro modello senza rovinarsi e senza iniziare a perdere pezzi.
Una stima è difficile, ma azzardo che, per dieci o quindici anni, si possa avere in collezione un oggetto senza difetti.
Su un periodo più lungo non ci scommetterei, ma due o tre lustri sì.
Può sembrare molto, ma la mia Ferrari 365 BB AMR ha più di trent'anni e per molti versi sembra uscita dalle mani dell'assemblatore ieri.
Chissà se un modello come il Fujimi esaminato può anche lontanamente avvicinarsi a un traguardo del genere....

Solido Porsche 908 LH Le Mans 1969

La storia della Porsche 908 LH di Solido è nota praticamente a tutti, e a questo link del forum Duegi potete leggere qualche particolare interessante su un modello che è stato uno dei pilastri della leggendaria serie 100: http://www.forum-duegieditrice.com/viewtopic.php?f=10&t=46407&hilit=solido+porsche+908 .
All'inizio del 2012 Solido ha deciso di riproporre questo modello nella serie Racing Collection, e se si può parlare dell'ennesima riedizione, non me la sento di criticare una simile iniziativa, che in altri casi avrei probabilmente disapprovato. Per quale ragione? Perché ormai questo tipo di modello in versione originale, è ormai talmente deprezzato dalla teoria delle riedizioni del passato che una più una meno non cambierà certo le carte in tavola (una riedizione particolarmente significativa fu quella della Sport Cars nel 1983, che riprese lo stampo per proporre tutte le versioni di Le Mans '68: fu una specie di avvenimento in un periodo in cui il mercato non offriva ancora quello che offre oggi); seconda poi, ne è venuto fuori un modello simpatico ed economico (nei canali giusti si trova a meno di 20 euro, cosa si vuole di più?), che conserva un grande fascino. La decorazione è stata realizzata in tampografia e sono state aggiunte le cornici nere delle calotte dei fari e il tergi stampato nel vetro è stato "ripassato" in colore nero. Sugli pneumatici sono state stampate le scritte bianche Dunlop Racing, un po' troppo grosse e naif. Solido ha in programma di presentare altri modelli seguendo questa falsariga: il prossimo dovrebbe essere la Matra MS650 di Le Mans '70.
E' una vecchia conoscenza, ma è impossibile non provare simpatia per questo modello riproposto da Solido ad un prezzo davvero interessante

...del resto le linee della 908 LH della Solido sono ancora attualissime...

...e la decorazione completa rende un buon servizio a questa intramontabile miniatura

Alcuni particolari studiati per "ringiovanire" la 908 LH, come i contorni fari in nero e il tergi "ripassato" anch'esso in nero

La scatola è generica, addirittura col disclaimer della licenza Renault...